By Jacques Monod
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Alla fonte delle muse: Introduzione alla civiltà greca
Qual period il volto che i Greci davano alle Muse? Che cosa si intendeva in step with ispirazione poetica? Perché l. a. religione greca non aveva testi sacri? Che cos’era los angeles libertà in line with l. a. democrazia antica? E soprattutto che senso ha, oggi, parlare ancora della civiltà greca? Nella maggior parte degli Atenei italiani l’insegnamento di Civiltà greca affianca ormai los angeles cattedra di Letteratura greca, con l’intento di rendere più accessibile un settore del sapere los angeles cui conoscenza, almeno nelle sue linee portanti, è ritenuta imprescindibile nella formazione di un operatore culturale.
Esportare la libertà: il mito che ha fallito
Da sempre i governi e gli stati coprono con altisonanti dichiarazioni i motivi spesso cinici che stanno alla base delle guerre da loro scatenate. Secondo Luciano Canfora, il proposito americano di esportare l. a. libertà in Iraq è solo l'ultimo esempio di questo oliatissimo meccanismo propagandistico. Sparta combatté l. a. guerra del Peloponneso sostenendo di voler liberare i Greci dall'oppressione ateniese; le guerre napoleoniche determinarono los angeles trasformazione della Francia rivoluzionaria in impero bonapartista; i conflitti regionali della Guerra Fredda (Vietnam, Medio Oriente, Afghanistan), furono sempre inseriti nel contesto di una lotta consistent with l'affermazione della democrazia nel mondo.
- Il pensiero politico contemporaneo
- La fragilità del bene. Fortuna ed etica nella tragedia e nella filosofia greca
- Il rumore dell'hacking. I percorsi silenziosi dell'informazione
- Quanto è abbastanza. Di quanto denaro abbiamo davvero bisogno per essere felici?
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Tiro [Sur, nel Libano], desiderosa di staccarsi dalla terraferma, cercò di nuovo rifugio nella sua antica isola [la cittadella]. 41 I motivi di preoccupazione erano fin troppo fondati. 42 È importante sottolineare che, se anche ci fossero state ingenti forze romane accampate nella regione (cosa impossibile dopo la perdita di tanti reparti mobili ad Adrianopoli nel 378 e i disordini che ne seguirono), sarebbe stato in ogni caso impossibile intercettare gli Unni. Le loro manovre di guerra erano attuate in diverse direzioni a grande velocità.
Nelle corse delle feste mongole Eriyn Gurvan Naadam possono gareggiare fino a un migliaio di cavalli, e i loro fantini hanno un’età compresa tra i cinque e i tredici anni. Cavalcano bestie di due anni lungo un percorso di 16 chilometri, di sette anni per oltre 30: distanze notevoli, soprattutto se consideriamo che non esiste una pista definita, ma solo l’aperta prateria, che certo non manca di dislivelli e tane di roditori. Ma oltre alla corsa ci sono anche le prove di tiro con l’arco da cavallo, in cui gli arcieri yabusame galoppano lungo una pista di 225 metri a tutta velocità, controllando i cavalli soltanto con le ginocchia e usando entrambe le mani per tendere le frecce fino all’orecchio prima di scoccarle.
A questo punto sarebbe dovuta arrivare dall’Italia una grande armata per affrontare gli Unni, ma ormai non esistevano più eserciti romani. Al loro posto c’era il solo magister militum, il comandante in capo delle truppe dell’Impero d’Occidente, Flavio Ezio, che attraversò le Alpi per entrare in Gallia «al comando di poche forze ausiliarie senza veri soldati (sine milite)». Così incontriamo Ezio, un altro personaggio molto idealizzato («l’ultimo dei Romani»), giunto all’inizio dell’estate del 451 con il suo piccolo contingente di truppe, non sufficientemente addestrate, per affrontare i nemici più numerosi e potenti di tutti.