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By Pavel Florenskij

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Alla fonte delle muse: Introduzione alla civiltà greca

Qual period il volto che i Greci davano alle Muse? Che cosa si intendeva according to ispirazione poetica? Perché l. a. religione greca non aveva testi sacri? Che cos’era l. a. libertà according to los angeles democrazia antica? E soprattutto che senso ha, oggi, parlare ancora della civiltà greca? Nella maggior parte degli Atenei italiani l’insegnamento di Civiltà greca affianca ormai los angeles cattedra di Letteratura greca, con l’intento di rendere più accessibile un settore del sapere los angeles cui conoscenza, almeno nelle sue linee portanti, è ritenuta imprescindibile nella formazione di un operatore culturale.

Esportare la libertà: il mito che ha fallito

Da sempre i governi e gli stati coprono con altisonanti dichiarazioni i motivi spesso cinici che stanno alla base delle guerre da loro scatenate. Secondo Luciano Canfora, il proposito americano di esportare l. a. libertà in Iraq è solo l'ultimo esempio di questo oliatissimo meccanismo propagandistico. Sparta combatté l. a. guerra del Peloponneso sostenendo di voler liberare i Greci dall'oppressione ateniese; le guerre napoleoniche determinarono los angeles trasformazione della Francia rivoluzionaria in impero bonapartista; i conflitti regionali della Guerra Fredda (Vietnam, Medio Oriente, Afghanistan), furono sempre inseriti nel contesto di una lotta in line with l'affermazione della democrazia nel mondo.

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Non restano che due vie: o rimbecillire totalmente o ammazzarsi. Eppure sento ancora in me una gran voglia di vivere. Non voglio morire. Voglio rifare e ricominciare la vita. Voglio trovare altre ragioni di vivere. E vivere magari sospeso nel nulla, senza fili sopra il capo, senza puntelli dietro le spalle, senza gruccie sotto l’ascelle – ma vivere, perdio, vivere ancora, vivere nel pieno senso della parola, vivere cogli occhi e colle mani, col cervello e col fegato, vivere ancora dieci, venti, trent’anni, finché saprò conquistarmi il mio pezzo di pane nel forno del mondo e saprò dire le mie parole nei cori dissonanti degli uomini.

9. Cfr. Giovanni Papini - Ardengo Soffici, Carteggio, a cura di Mario Richter, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1991, pp. 209-210. 10. Cfr. Giovanni Papini - Giuseppe Prezzolini, Storia di un’amicizia, Vallecchi, Firenze 1966, p. 214. 11. Cfr. ivi, p. 241. 12. Giovanni Amendola, Carteggio 1910-1912, a cura di Elio d’Auria, Laterza, Bari 1987, p. 81. 13. Roberto Ridolfi, Vita di Giovanni Papini, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1987, pp. 82-83, (prima edizione: Mondadori, Milano 1957).

Ero, insomma, quel che le signore col cappello chiamano un «bambino scontroso» e le donne in capelli «un rospo». Avevan ragione: dovevo essere, ed ero, tremendamente antipatico a tutti. E mi ricordo che sentivo benissimo intorno a me questa antipatia la quale mi faceva più timido, più malinconico, più imbronciato che mai. Quando mi ritrovavo per caso con altri ragazzi non entravo quasi mai nei loro giochi. Mi piaceva star da parte a guardarli coi miei occhi verdi e seri di giudice e di nemico. Non per invidia: era piuttosto disprezzo quel che sentivo dentro in quei momenti.

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