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By Michele Prospero

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Alla fonte delle muse: Introduzione alla civiltà greca

Qual period il volto che i Greci davano alle Muse? Che cosa si intendeva according to ispirazione poetica? Perché los angeles religione greca non aveva testi sacri? Che cos’era l. a. libertà in keeping with los angeles democrazia antica? E soprattutto che senso ha, oggi, parlare ancora della civiltà greca? Nella maggior parte degli Atenei italiani l’insegnamento di Civiltà greca affianca ormai los angeles cattedra di Letteratura greca, con l’intento di rendere più accessibile un settore del sapere l. a. cui conoscenza, almeno nelle sue linee portanti, è ritenuta imprescindibile nella formazione di un operatore culturale.

Esportare la libertà: il mito che ha fallito

Da sempre i governi e gli stati coprono con altisonanti dichiarazioni i motivi spesso cinici che stanno alla base delle guerre da loro scatenate. Secondo Luciano Canfora, il proposito americano di esportare los angeles libertà in Iraq è solo l'ultimo esempio di questo oliatissimo meccanismo propagandistico. Sparta combatté l. a. guerra del Peloponneso sostenendo di voler liberare i Greci dall'oppressione ateniese; le guerre napoleoniche determinarono l. a. trasformazione della Francia rivoluzionaria in impero bonapartista; i conflitti regionali della Guerra Fredda (Vietnam, Medio Oriente, Afghanistan), furono sempre inseriti nel contesto di una lotta in step with l'affermazione della democrazia nel mondo.

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Quando svaniscono le grandi soggettività sociali, la politica entra in una condizione di campagna elettorale permanente, rivolta al consumatore inerte di spot affamato di narrazioni fabbricate con le arti del marketing. Sembrano d’un tratto vacillare le tradizionali raccomandazioni per definire un più accorto ordine del discorso. Trionfa un discorso unico (spesso un autentico antidiscorso) che in qualsiasi occasione si indirizza all’arte della persuasione seduttiva che non tollera distinzioni di registri, che non calibra le corde dell’oratore a seconda delle circostanze.

Con il sorriso in bocca, il cavaliere si rivolge contro un potere che osa resistergli e per questo merita non solo di essere censurato ma anche dileggiato con metafore capaci di ambiguità. Berlusconi, anche quando si cimenta nella leggerezza del gioco dei doppi sensi, sa quali termini e analogie pregne di provocazione hanno un rendimento didascalico indispensabile per vendere al pubblico l’immagine del parlamento opaco, per affossarlo come ente inutile e bene costoso. Non è una imprudenza linguistica quella del cavaliere, la sua parola senza sfumature che scatena ilarità non è solo una innocente divagazione ludica ma è un traliccio posto sotto i principali poteri costituiti.

In conferenza stampa con il capo del governo spagnolo Zapatero, il cavaliere è al tempo stesso un politico che ricorre al comico e un comico della politica su cui si abbatte l’ilarità per la sua manifesta inadeguatezza. La sua fantasia comica produce immagini alquanto fiacche: «Mi ricordo zia Marina che nell’atrio di casa si guarda allo specchio e ripeteva sono bella, sono bella, sono bella. Lo diceva da sola perché nessuno glielo diceva»34. Più eclatante è invece l’effetto d’ilarità che produce involontariamente come comico della politica: «Credo sinceramente di essere stato e di essere di gran lunga il miglior presidente del consiglio che l’Italia abbia potuto avere in 150 anni della sua storia».

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